
Gli Scalabrini
Leggenda di confini contesi
La contesa fra i terrieri d’Isone e Sant’Antonio per i confini degli alpi Leveno e Revolte, si trascinava fin dall’epoca landfogtesca, senza che si trovasse una soluzione soddisfacente per ambo le parti. Antagonismi e odi si tramandavano di generazione in generazione. Desiderose di venire una volta a una soluzione, le parti decisero di rimettere la questione a tre arbitri forestieri: un prete, un avvocato e un medico, tutti e tre della famiglia Scalabrini. Quelli di Isone, ruvidi pastori ma sornioni insidiosi, la sera precedente il sopralluogo - narra la leggenda - trasportarono, su tre vigorose mule, gli arbitri fino all’alpe Serdena. Li colmarono di ogni ben di Dio e li comprarono alla loro causa con una cappellata di marenghi. Così, il mattino di quel memorabile giorno, mentre i delegati di St. Antonio salivano fidenti il versante nord della Valle Maggina, i tre arbitri versavano dentro le loro scarpe, grosse scarpe da montanaro, un po’ di terra della “corte” di Serdena, territorio incontrastato degli isonesi e, sperimentata la strana calzatura, si recavano sulle balze contese. L’incontro delle parti fu amichevole. Si discusse, ma bonariamente. Uno degli arbitri, l’avvocato, fece una proposta: “Noi siamo venuti quassù per decidere una buona volta questa dibattuta faccenda. Uomini di Dio, di legge e di sanità, abbiamo sviscerato con scienza e coscienza la questione. Prima però di emettere il nostro verdetto, poniamo una precisa condizione, questa: “ciascuna delle parti deve dichiarare in antecedenza di accettare il nostro giudizio, qualunque esso sia”. E continuò con un lungo discorso, veramente avvocatesco, dimostrando la necessità di stabilire buoni rapporti fra le “vicinìe”, di risolvere finalmente la spinosa questione. Gli ingenui morobbiotti, vinti dalla foga oratoria, abboccarono all’amo e accettarono la posta condizione. Altrettanto fecero gli isonesi, ma con una certa perplessità, per meglio mascherare l’insidia. Solenni, i tre arbitri si portarono allora oltre un certo confine, a valle, su terreno rivendicato da quelli di St. Antonio, poi gridarono in coro, alzando tre dita delle destre: Giuriamo che i nostri piedi riposano sulla terra di Isone. E altro non si udì dalle loro bocche; un furioso temporale li colse e li portò lontano, sulle balze del Camoghè! D’allora in poi essi vanno, senza riposo, gridando l’eterno rimorso. I nostri pastori assicurano che all’avvicinarsi di un temporale, vi vedono i tre Scalabrini vagabondare sui dirupi inaccessibili della Valle Maggina. Talvolta - aggiungono - fanno rotolare macigni, tronchi d’albero e mettono in fuga le mandrie.